Il clima degli ultimi tempi ha suscitato molte discussioni e riflessioni. È innegabile che le temperature siano state più elevate rispetto alla norma, e questo ha portato a situazioni meteorologiche particolari. Le abbondanti nevicate sulle Alpi, ad esempio, sono state il risultato di una combinazione di fattori, tra cui l’esposizione e le condizioni microclimatiche specifiche di quella zona.
Tuttavia, è importante sottolineare che i nuclei freddi hanno interessato principalmente il Nord Italia, mentre nel resto del Paese le perturbazioni sono state influenzate dalla risposta ciclonica del Mediterraneo. Questo ha portato a fenomeni di aria umida o addirittura mite in alcune aree.
Di conseguenza, la quota neve sull’Appennino non è stata la stessa delle Alpi, e la neve caduta si è sciolta rapidamente. Non dobbiamo sorprenderci di queste differenze climatiche, che sono sempre state presenti nel nostro Paese e che si accentueranno in futuro.
Per avere nevicate significative sull’Appennino, è necessario sperare in irruzioni artiche o in ondate di gelo provenienti dall’est. Anche l’aria polare marittima o le perturbazioni atlantiche possono portare neve, ma solo oltre certe quote.
La speranza è che da qui a fine marzo possano verificarsi delle ondate di freddo che portino neve anche sull’Appennino e sui rilievi delle due Isole Maggiori. Se ciò non dovesse accadere, dovremo aspettare il prossimo autunno. Sperando ovviamente che il prossimo periodo freddo sia ben più vivace e dinamico di quello appena occorso, che è stata una cocente delusione per gli amanti dell’inverno. Anche se, in epoca di cambiamento climatico, è quasi impossibile dire la frase “peggio di così”, perché la realtà va oltre l’immaginazione…