Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
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Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.
Esprimo un sentito ringraziamento ai Governatori e Presidenti di Regione che hanno promulgato un decreto che proibisce il lavoro sotto il sole ardente nelle ore più torride del giorno, cioè, quelle in cui la massima radiazione solare colpisce così intensamente da poter causare collassi cardiocircolatori e colpi di calore. Da tempo evidenzio questa carenza in Italia, presente in molti Paesi del mondo, ma che sembra non preoccupare la leadership italiana.
Il lavoro sotto il sole ardente dovrebbe essere proibito per legge nazionale, come diritto del cittadino, e in considerazione del meteo in continua evoluzione, attivo ogni estate da giugno a metà settembre durante le ore in cui si registra un picco massimo di radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere diffusa e personalizzata, estesa a tutti i settori di lavoro al chiuso, come le fabbriche dove il calore negli ambienti interni si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
Sono necessarie leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi che ci forniscono i pomodori e la verdura per intenderci. Fatti lavorare sotto temperature insopportabili da sfruttatori. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene senza attenuanti, sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Ma non è compito mio parlarne, tuttavia a questo punto penso che anche quegli ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.