La “zona morta” nel Golfo del Messico: un pericolo per la vita marina
La scorsa settimana, è emerso un dato allarmante: la più vasta “zona morta” nelle acque degli Stati Uniti, localizzata nel Golfo del Messico, ha raggiunto una grandezza comparabile a quella del New Jersey. Questo tratto di mare è contraddistinto da una concentrazione di ossigeno talmente ridotta da poter essere fatale per gli organismi marini.
Le cause della formazione della “zona morta”
La “zona morta” del Golfo del Messico si estende principalmente al largo delle coste della Louisiana. La sua formazione avviene ogni estate, a causa dell’afflusso di nutrienti provenienti dal bacino del fiume Mississippi, che stimola la crescita di alghe. Questo fenomeno è stato attestato dall’EPA, l’ente per la tutela dell’ambiente.
Le ricerche condotte dagli scienziati
Un team di ricercatori dell’Università dello Stato della Louisiana e del Consorzio Marino delle Università della Louisiana ha effettuato l’indagine annuale dal 21 al 26 luglio. I risultati delle loro rilevazioni sono stati riportati su mappe che illustrano l’ampiezza della zona ipossica, con aree in cui il livello di ossigeno scende al di sotto dei 2 mg/L, condizione definita ipossica.
Le dimensioni della “zona morta” nel 2021
Quest’anno, la “zona morta” ha raggiunto un’estensione di oltre 17.375 km², diventando la dodicesima più grande mai rilevata nei 38 anni di monitoraggio dell’NOAA. La professoressa Nancy Rabalais, dell’Università dello Stato della Louisiana e del Consorzio Marino delle Università della Louisiana, ha evidenziato che l’ampiezza dell’ipossia di fondo era superiore a quanto previsto, basandosi sul deflusso del fiume Mississippi e sul carico di azoto per il 2024, ma rientra comunque nell’intervallo osservato negli ultimi quasi quarant’anni di ricerche.
Le “zone morte” come indicatori della salute degli ecosistemi marini
Le “zone morte” sono ritenute indicatori fondamentali per valutare lo stato di salute degli ecosistemi marini e le ripercussioni economiche di un ecosistema danneggiato o non sano. L’inquinamento da nutrienti nelle acque provoca una crescita eccessiva di alghe che, morendo, consumano l’ossigeno nell’acqua durante la loro decomposizione. Questa carenza di ossigeno costringe gli animali marini, come pesci e gamberetti, a migrare altrove.
Le conseguenze sulla vita marina
Gli scienziati hanno inoltre scoperto che le aree con bassi livelli di ossigeno alterano la vita degli organismi marini che rimangono in queste acque, influenzando la loro dieta, tassi di crescita, riproduzione e uso dell’habitat. Questo, a sua volta, incide sulla disponibilità di animali raccolti commercialmente, come i gamberetti.
Le “zone morte” nel mondo
In tutto il mondo, esistono più di 500 “zone morte”, che rappresentano una minaccia per decine di miliardi di dollari in termini di costi economici ogni anno.