La tundra artica, con la sua superficie ghiacciata, nasconde misteri che sono essenziali per decifrare i modelli meteo globali e le loro fluttuazioni nel corso del tempo. Tra questi enigmi celati si annoverano il permafrost, antichi cilindri di ghiaccio, flora e fauna fossilizzate e altri reperti geologici che forniscono indizi preziosi.
Un gruppo internazionale di scienziati, grazie all’impiego di tecnologie all’avanguardia e metodi rivoluzionari, sta gradualmente svelando alcuni di questi arcani dell’Artico. Mentre si intensifica l’indagine di questo paesaggio ghiacciato, emergono informazioni che potrebbero contribuire a prevedere futuri scenari meteo e a perfezionare la nostra conoscenza dei processi ambientali terrestri.
Ted Schuur, docente di Scienze Biologiche presso la Northern Arizona University, è alla guida di questa impresa. L’Artico, ben lontano dall’essere un semplice ‘deserto di ghiaccio’, svolge un ruolo fondamentale nel ciclo del carbonio del nostro pianeta. Includendo la tundra e le foreste boreali, la regione permafrost circumpolare settentrionale, che copre solo il 15% della superficie terrestre, accumula quasi un terzo del carbonio organico del suolo mondiale. Questa riserva è vitale per regolare il meteo del pianeta, funzionando sia come deposito che come possibile fonte di carbonio.
Con l’incremento costante del riscaldamento globale, le aree di permafrost stanno registrando aumenti di temperatura da tre a quattro volte superiori alla media globale. Questo processo di disgelo accelerato non è un problema di poco conto; provoca un notevole incremento del ciclo del carbonio, principalmente guidato dalla respirazione dell’ecosistema. Schuur e i suoi collaboratori avvertono che ciò potrebbe amplificare il futuro cambiamento meteo di un preoccupante 10%-20%.
Questo scenario evidenzia l’urgenza di affrontare il cambiamento meteo e sottolinea il ruolo cruciale che il permafrost svolge nel nostro ecosistema globale. Le possibili ripercussioni sui modelli meteo, sui livelli del mare e sulla biodiversità potrebbero essere catastrofiche, rendendo indispensabile un intervento immediato per mitigare tali effetti.
Le audaci obiettivi meteo stabiliti dall’Accordo di Parigi nel 2016 si trovano di fronte a una sfida significativa a causa delle potenziali emissioni generate dal disgelo del permafrost artico. Questo fenomeno era in gran parte ignoto al momento della stipulazione dell’accordo ed è solo ora che sta diventando una preoccupazione sempre più grave con l’aumento delle temperature globali. Il permafrost, congelato da migliaia di anni, contiene enormi quantità di gas serra, in particolare metano e anidride carbonica, che potrebbero essere rilasciati con il suo disgelo.
Per contrastare efficacemente queste emissioni inaspettate e le complicazioni che ne derivano, i paesi firmatari potrebbero dover adottare impegni ancora più rigorosi per la riduzione del carbonio. Ciò richiederà strategie innovative e collaborazione su scala globale per garantire che gli obiettivi meteo rimangano raggiungibili.