Un caloroso apprezzamento va ai Governatori e ai Presidenti di Regione che hanno emanato un decreto per vietare il lavoro sotto il sole cocente nelle ore più calde del giorno. Queste sono le ore in cui la radiazione solare massima può causare gravi problemi di salute come colpi di calore e collassi cardiocircolatori. Questa problematica, da tempo rilevata in Italia, è già affrontata in molti Paesi del mondo, ma sembra non destare preoccupazione tra i leader italiani.
Il divieto di lavorare sotto il sole cocente dovrebbe essere sancito da una legge nazionale, in quanto diritto del cittadino e in risposta al meteo in costante cambiamento. Questo divieto dovrebbe essere attivo ogni estate, da giugno a metà settembre, durante le ore di massima radiazione solare. Non dovrebbe riguardare solo alcune categorie, ma tutte quelle che operano all’aperto. Una legge che dovrebbe essere estesa e personalizzata per tutti i settori di lavoro, compresi quelli al chiuso come le fabbriche, dove il calore si accumula a causa di strutture mal isolate e viene generato dalle macchine. Non si dovrebbe lavorare oltre un certo limite di indice di calore, non tanto di temperatura effettiva. Chi lavora in fabbrica o officina indossa spesso abiti ignifughi e scarpe di sicurezza. I capannoni devono essere dotati, se non di climatizzazione, di sistemi di ventilazione.
È necessario introdurre leggi specifiche per i lavoratori agricoli che impiegano manodopera non regolare, gli schiavi moderni che ci forniscono i pomodori e la verdura. Questi lavoratori sono spesso sfruttati e costretti a lavorare in condizioni di calore insopportabile. Leggi e prigione immediata, non arresti domiciliari per questi individui, con pene severe e sanzioni pecuniarie. Non voglio riempire ulteriormente le prigioni già sovraffollate di questo Paese incivile. Non è compito mio parlarne, ma penso che anche questi ambienti debbano essere protetti, sia per chi viene rinchiuso perché ha commesso un reato e deve essere punito e reinserito nella società, ma non indotto alla sofferenza.
La sofferenza riguarda anche chi lavora in questi ambienti. È necessario rispetto per tutte le caserme italiane, gli edifici scolastici e universitari. In questi ultimi si stanno laureando con temperature infernali che superano i 35°C, mettendo a dura prova commissioni d’esame ed esaminandi.
In Italia c’è una mancanza di civiltà riguardo al caldo, oltre che di conoscenza del meteo di base. Il cambiamento del meteo è sotto i nostri occhi, non voltatevi dall’altra parte. Penso a volte ai messaggi che leggo anche da meteorologi che affermano che d’estate è sempre stato caldo, alimentando le folli idee e convinzioni di qualche scettico sul cambiamento del meteo in corso. Una vergogna per il nostro settore che invece dovrebbe gridare, amplificare a dismisura quello che eminenti scienziati del pianeta gridano a squarciagola, dai presidenti di Enti prestigiosi come ONU, NOAA, Copernicus, ECMWF, etc., fino al laureando che presenta la sua tesi sul meteo.
Solo se lavoreremo tutti insieme per una civiltà del rispetto vivremo le stagioni estive senza odiarle sempre più, vissute, comunque, sperando in un refrigerio che nella realtà sarà sempre meno efficace e limitato.