Il fenomeno dei medicanes, cicloni mediterranei che mostrano caratteristiche simili ai cicloni tropicali, è un argomento di grande interesse nel campo delle scienze meteorologiche. Questi eventi, che si verificano con una frequenza di 1-2 volte all’anno, sono caratterizzati da venti di forza uragano e precipitazioni intense. Nonostante sia complesso prevedere se il riscaldamento globale influenzerà la loro frequenza, è certo che l’intensità dei medicanes è destinata a crescere a causa dell’aumento della temperatura del Mar Mediterraneo, la principale fonte di energia per questi fenomeni meteo.
La peculiarità dei medicanes risiede nelle loro proprietà, che combinano elementi sia dei cicloni tropicali che delle depressioni frontali di media latitudine. La loro formazione è spesso legata all’arrivo di un sistema di bassa pressione proveniente dall’Atlantico e alla presenza di un forte gradiente di temperatura tra il mare e la troposfera superiore. Questo favorisce la convezione e i temporali intorno al centro del ciclone, che possono innescare il passaggio da tempeste extratropicali a tempeste tropicali. I medicanes, a differenza dei cicloni tropicali, sono di dimensioni ridotte e possono verificarsi in qualsiasi stagione, grazie ai forti gradienti di temperatura tra mare e atmosfera, spesso causati dall’intrusione di aria artica nel bacino del Mediterraneo.
La Sicilia è una delle aree più colpite dai medicanes. Un esempio recente è rappresentato da Ianos (2020), che si è intensificato rapidamente spostandosi verso nord-est del Golfo della Sirte, raggiungendo la massima intensità in Grecia il 18 settembre 2020. Questo medicane ha portato venti di 120 km/h e piogge che hanno causato alluvioni e danni agricoli significativi. Altri medicanes sono stati documentati in Corsica, Provenza e lungo le coste di Algeria e Tunisia.
La comunità scientifica sta iniziando a studiare gli effetti del cambiamento climatico sulle caratteristiche dei medicanes, in particolare su frequenza e intensità. Questo è un compito complesso: da un lato, la climatologia dei medicanes è conosciuta accuratamente solo dall’era dei satelliti (circa 1975); dall’altro, le dimensioni ridotte di questi sistemi rendono difficile simularli nei modelli climatici globali. Nei modelli climatici regionali, si è visto che un aumento di 3°C della temperatura del mare potrebbe portare alla formazione di veri e propri uragani nel Mediterraneo, la cui frequenza e intensità è difficile da stimare. Secondo le proiezioni, con un riscaldamento globale di 2°C o più, la frequenza dei medicanes diminuirà, ma la loro intensità aumenterà. La diminuzione della frequenza è dovuta a condizioni più anticicloniche nel Mediterraneo, che dovrebbero ridurre la ciclogenesi. L’aumento dell’intensità è legato al riscaldamento del Mediterraneo, la principale fonte di energia per i medicanes. Nuovi esperimenti regionali sono previsti nell’ambito della comunità Med-CORDEX per migliorare la comprensione dell’impatto del cambiamento climatico su questo tipo di tempeste.
Un’ulteriore area di studio sui medicanes riguarda l’attribuzione delle loro caratteristiche al cambiamento climatico. Recentemente è stato analizzato il ruolo del cambiamento climatico nel medicane Apollo, che ha colpito la Sicilia nell’ottobre 2021 causando alluvioni. L’analisi evidenzia che il ciclone è senza precedenti e che tempeste simili, sebbene meno intense, tendono a verificarsi più frequentemente a settembre nel meteo attuale (1992-2021), rispetto a un meteo meno influenzato dal cambiamento climatico (1950-1979). L’aumento di questi cicloni a settembre incrementa il rischio di precipitazioni intense e quindi gli impatti socio-economici sulla popolazione.