La parte settentrionale della nostra penisola ha vissuto una primavera e una seconda metà dell’inverno contraddistinte da un meteo straordinariamente piovoso, che ha portato a notevoli precipitazioni nevose sulle Alpi. A metà del mese di giugno, gli strati di neve tra i 2500 e i 3000 metri erano impressionanti, soprattutto se paragonati alle ultime stagioni, che si erano rivelate particolarmente scarse.
Un ricordo lontano
Il calore intenso di luglio e della prima metà di agosto ha però rapidamente sciolto la neve accumulata. La neve al di sotto dei 3000 metri è quasi completamente scomparsa, lasciando riserve solo alle altitudini più elevate, almeno 3500-3700 metri.
Un presagio che si è avverato
Questo scenario, sebbene inquietante, era previsto. Il periodo di ablazione estivo, caratterizzato da un forte scioglimento dei ghiacci, ha visto ben sei settimane di calore intenso con lo zero termico che ha superato i 4000 metri, raggiungendo punte di 5200! Questo ha ovviamente causato danni significativi.
Agosto e settembre potrebbero ulteriormente ridurre il manto nevoso, dato che non si prevedono grandi periodi freddi. La stagione di perdita continuerà per altre settimane, e il meteo alpino, considerato un ”hot spot climatico”, è particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico.
Attendiamo i dati a fine trimestre
I dati ufficiali saranno disponibili a fine estate, quando le autorità competenti analizzeranno le perdite nevose tra la prima e la seconda decade di settembre. Oltre i 3500 metri, si prevede che solo la neve resista, offrendo una possibilità di recupero per i ghiacciai, anche se la speranza è davvero vana.
Con un mese ancora di potenziali perdite, persiste l’incertezza e la preoccupazione per un meteo di quota in grave agonia. Nonostante le abbondanti nevicate primaverili, l’estate tende a distruggere gran parte del manto nevoso. Tuttavia, quest’anno sembra meno dannoso rispetto a anni disastrosi come il 2015 o il 2022, ma non è un grande sollievo, considerando il trend a livello regionale e mondiale.
La parte settentrionale della nostra penisola ha vissuto una primavera e una seconda metà dell’inverno contraddistinte da un meteo straordinariamente piovoso, che ha portato a notevoli precipitazioni nevose sulle Alpi. A metà del mese di giugno, gli strati di neve tra i 2500 e i 3000 metri erano impressionanti, soprattutto se paragonati alle ultime stagioni, che si erano rivelate particolarmente scarse.
Un ricordo lontano
Il calore intenso di luglio e della prima metà di agosto ha però rapidamente sciolto la neve accumulata. La neve al di sotto dei 3000 metri è quasi completamente scomparsa, lasciando riserve solo alle altitudini più elevate, almeno 3500-3700 metri.
Un presagio che si è avverato
Questo scenario, sebbene inquietante, era previsto. Il periodo di ablazione estivo, caratterizzato da un forte scioglimento dei ghiacci, ha visto ben sei settimane di calore intenso con lo zero termico che ha superato i 4000 metri, raggiungendo punte di 5200! Questo ha ovviamente causato danni significativi.
Agosto e settembre potrebbero ulteriormente ridurre il manto nevoso, dato che non si prevedono grandi periodi freddi. La stagione di perdita continuerà per altre settimane, e il meteo alpino, considerato un ”hot spot climatico”, è particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico.
Attendiamo i dati a fine trimestre
I dati ufficiali saranno disponibili a fine estate, quando le autorità competenti analizzeranno le perdite nevose tra la prima e la seconda decade di settembre. Oltre i 3500 metri, si prevede che solo la neve resista, offrendo una possibilità di recupero per i ghiacciai, anche se la speranza è davvero vana.
Con un mese ancora di potenziali perdite, persiste l’incertezza e la preoccupazione per un meteo di quota in grave agonia. Nonostante le abbondanti nevicate primaverili, l’estate tende a distruggere gran parte del manto nevoso. Tuttavia, quest’anno sembra meno dannoso rispetto a anni disastrosi come il 2015 o il 2022, ma non è un grande sollievo, considerando il trend a livello regionale e mondiale.
La parte settentrionale della nostra penisola ha vissuto una primavera e una seconda metà dell’inverno contraddistinte da un meteo straordinariamente piovoso, che ha portato a notevoli precipitazioni nevose sulle Alpi. A metà del mese di giugno, gli strati di neve tra i 2500 e i 3000 metri erano impressionanti, soprattutto se paragonati alle ultime stagioni, che si erano rivelate particolarmente scarse.
Un ricordo lontano
Il calore intenso di luglio e della prima metà di agosto ha però rapidamente sciolto la neve accumulata. La neve al di sotto dei 3000 metri è quasi completamente scomparsa, lasciando riserve solo alle altitudini più elevate, almeno 3500-3700 metri.
Un presagio che si è avverato
Questo scenario, sebbene inquietante, era previsto. Il periodo di ablazione estivo, caratterizzato da un forte scioglimento dei ghiacci, ha visto ben sei settimane di calore intenso con lo zero termico che ha superato i 4000 metri, raggiungendo punte di 5200! Questo ha ovviamente causato danni significativi.
Agosto e settembre potrebbero ulteriormente ridurre il manto nevoso, dato che non si prevedono grandi periodi freddi. La stagione di perdita continuerà per altre settimane, e il meteo alpino, considerato un ”hot spot climatico”, è particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico.
Attendiamo i dati a fine trimestre
I dati ufficiali saranno disponibili a fine estate, quando le autorità competenti analizzeranno le perdite nevose tra la prima e la seconda decade di settembre. Oltre i 3500 metri, si prevede che solo la neve resista, offrendo una possibilità di recupero per i ghiacciai, anche se la speranza è davvero vana.
Con un mese ancora di potenziali perdite, persiste l’incertezza e la preoccupazione per un meteo di quota in grave agonia. Nonostante le abbondanti nevicate primaverili, l’estate tende a distruggere gran parte del manto nevoso. Tuttavia, quest’anno sembra meno dannoso rispetto a anni disastrosi come il 2015 o il 2022, ma non è un grande sollievo, considerando il trend a livello regionale e mondiale.
La parte settentrionale della nostra penisola ha vissuto una primavera e una seconda metà dell’inverno contraddistinte da un meteo straordinariamente piovoso, che ha portato a notevoli precipitazioni nevose sulle Alpi. A metà del mese di giugno, gli strati di neve tra i 2500 e i 3000 metri erano impressionanti, soprattutto se paragonati alle ultime stagioni, che si erano rivelate particolarmente scarse.
Un ricordo lontano
Il calore intenso di luglio e della prima metà di agosto ha però rapidamente sciolto la neve accumulata. La neve al di sotto dei 3000 metri è quasi completamente scomparsa, lasciando riserve solo alle altitudini più elevate, almeno 3500-3700 metri.
Un presagio che si è avverato
Questo scenario, sebbene inquietante, era previsto. Il periodo di ablazione estivo, caratterizzato da un forte scioglimento dei ghiacci, ha visto ben sei settimane di calore intenso con lo zero termico che ha superato i 4000 metri, raggiungendo punte di 5200! Questo ha ovviamente causato danni significativi.
Agosto e settembre potrebbero ulteriormente ridurre il manto nevoso, dato che non si prevedono grandi periodi freddi. La stagione di perdita continuerà per altre settimane, e il meteo alpino, considerato un ”hot spot climatico”, è particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico.
Attendiamo i dati a fine trimestre
I dati ufficiali saranno disponibili a fine estate, quando le autorità competenti analizzeranno le perdite nevose tra la prima e la seconda decade di settembre. Oltre i 3500 metri, si prevede che solo la neve resista, offrendo una possibilità di recupero per i ghiacciai, anche se la speranza è davvero vana.
Con un mese ancora di potenziali perdite, persiste l’incertezza e la preoccupazione per un meteo di quota in grave agonia. Nonostante le abbondanti nevicate primaverili, l’estate tende a distruggere gran parte del manto nevoso. Tuttavia, quest’anno sembra meno dannoso rispetto a anni disastrosi come il 2015 o il 2022, ma non è un grande sollievo, considerando il trend a livello regionale e mondiale.
La parte settentrionale della nostra penisola ha vissuto una primavera e una seconda metà dell’inverno contraddistinte da un meteo straordinariamente piovoso, che ha portato a notevoli precipitazioni nevose sulle Alpi. A metà del mese di giugno, gli strati di neve tra i 2500 e i 3000 metri erano impressionanti, soprattutto se paragonati alle ultime stagioni, che si erano rivelate particolarmente scarse.
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Questo scenario, sebbene inquietante, era previsto. Il periodo di ablazione estivo, caratterizzato da un forte scioglimento dei ghiacci, ha visto ben sei settimane di calore intenso con lo zero termico che ha superato i 4000 metri, raggiungendo punte di 5200! Questo ha ovviamente causato danni significativi.
Agosto e settembre potrebbero ulteriormente ridurre il manto nevoso, dato che non si prevedono grandi periodi freddi. La stagione di perdita continuerà per altre settimane, e il meteo alpino, considerato un ”hot spot climatico”, è particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico.
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La parte settentrionale della nostra penisola ha vissuto una primavera e una seconda metà dell’inverno contraddistinte da un meteo straordinariamente piovoso, che ha portato a notevoli precipitazioni nevose sulle Alpi. A metà del mese di giugno, gli strati di neve tra i 2500 e i 3000 metri erano impressionanti, soprattutto se paragonati alle ultime stagioni, che si erano rivelate particolarmente scarse.
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Un presagio che si è avverato
Questo scenario, sebbene inquietante, era previsto. Il periodo di ablazione estivo, caratterizzato da un forte scioglimento dei ghiacci, ha visto ben sei settimane di calore intenso con lo zero termico che ha superato i 4000 metri, raggiungendo punte di 5200! Questo ha ovviamente causato danni significativi.
Agosto e settembre potrebbero ulteriormente ridurre il manto nevoso, dato che non si prevedono grandi periodi freddi. La stagione di perdita continuerà per altre settimane, e il meteo alpino, considerato un ”hot spot climatico”, è particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico.
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I dati ufficiali saranno disponibili a fine estate, quando le autorità competenti analizzeranno le perdite nevose tra la prima e la seconda decade di settembre. Oltre i 3500 metri, si prevede che solo la neve resista, offrendo una possibilità di recupero per i ghiacciai, anche se la speranza è davvero vana.
Con un mese ancora di potenziali perdite, persiste l’incertezza e la preoccupazione per un meteo di quota in grave agonia. Nonostante le abbondanti nevicate primaverili, l’estate tende a distruggere gran parte del manto nevoso. Tuttavia, quest’anno sembra meno dannoso rispetto a anni disastrosi come il 2015 o il 2022, ma non è un grande sollievo, considerando il trend a livello regionale e mondiale.
La parte settentrionale della nostra penisola ha vissuto una primavera e una seconda metà dell’inverno contraddistinte da un meteo straordinariamente piovoso, che ha portato a notevoli precipitazioni nevose sulle Alpi. A metà del mese di giugno, gli strati di neve tra i 2500 e i 3000 metri erano impressionanti, soprattutto se paragonati alle ultime stagioni, che si erano rivelate particolarmente scarse.
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Un presagio che si è avverato
Questo scenario, sebbene inquietante, era previsto. Il periodo di ablazione estivo, caratterizzato da un forte scioglimento dei ghiacci, ha visto ben sei settimane di calore intenso con lo zero termico che ha superato i 4000 metri, raggiungendo punte di 5200! Questo ha ovviamente causato danni significativi.
Agosto e settembre potrebbero ulteriormente ridurre il manto nevoso, dato che non si prevedono grandi periodi freddi. La stagione di perdita continuerà per altre settimane, e il meteo alpino, considerato un ”hot spot climatico”, è particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico.
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La parte settentrionale della nostra penisola ha vissuto una primavera e una seconda metà dell’inverno contraddistinte da un meteo straordinariamente piovoso, che ha portato a notevoli precipitazioni nevose sulle Alpi. A metà del mese di giugno, gli strati di neve tra i 2500 e i 3000 metri erano impressionanti, soprattutto se paragonati alle ultime stagioni, che si erano rivelate particolarmente scarse.
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Il calore intenso di luglio e della prima metà di agosto ha però rapidamente sciolto la neve accumulata. La neve al di sotto dei 3000 metri è quasi completamente scomparsa, lasciando riserve solo alle altitudini più elevate, almeno 3500-3700 metri.
Un presagio che si è avverato
Questo scenario, sebbene inquietante, era previsto. Il periodo di ablazione estivo, caratterizzato da un forte scioglimento dei ghiacci, ha visto ben sei settimane di calore intenso con lo zero termico che ha superato i 4000 metri, raggiungendo punte di 5200! Questo ha ovviamente causato danni significativi.
Agosto e settembre potrebbero ulteriormente ridurre il manto nevoso, dato che non si prevedono grandi periodi freddi. La stagione di perdita continuerà per altre settimane, e il meteo alpino, considerato un ”hot spot climatico”, è particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico.
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Con un mese ancora di potenziali perdite, persiste l’incertezza e la preoccupazione per un meteo di quota in grave agonia. Nonostante le abbondanti nevicate primaverili, l’estate tende a distruggere gran parte del manto nevoso. Tuttavia, quest’anno sembra meno dannoso rispetto a anni disastrosi come il 2015 o il 2022, ma non è un grande sollievo, considerando il trend a livello regionale e mondiale.
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Agosto e settembre potrebbero ulteriormente ridurre il manto nevoso, dato che non si prevedono grandi periodi freddi. La stagione di perdita continuerà per altre settimane, e il meteo alpino, considerato un ”hot spot climatico”, è particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico.
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Un presagio che si è avverato
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Agosto e settembre potrebbero ulteriormente ridurre il manto nevoso, dato che non si prevedono grandi periodi freddi. La stagione di perdita continuerà per altre settimane, e il meteo alpino, considerato un ”hot spot climatico”, è particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico.
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I dati ufficiali saranno disponibili a fine estate, quando le autorità competenti analizzeranno le perdite nevose tra la prima e la seconda decade di settembre. Oltre i 3500 metri, si prevede che solo la neve resista, offrendo una possibilità di recupero per i ghiacciai, anche se la speranza è davvero vana.
Con un mese ancora di potenziali perdite, persiste l’incertezza e la preoccupazione per un meteo di quota in grave agonia. Nonostante le abbondanti nevicate primaverili, l’estate tende a distruggere gran parte del manto nevoso. Tuttavia, quest’anno sembra meno dannoso rispetto a anni disastrosi come il 2015 o il 2022, ma non è un grande sollievo, considerando il trend a livello regionale e mondiale.
La parte settentrionale della nostra penisola ha vissuto una primavera e una seconda metà dell’inverno contraddistinte da un meteo straordinariamente piovoso, che ha portato a notevoli precipitazioni nevose sulle Alpi. A metà del mese di giugno, gli strati di neve tra i 2500 e i 3000 metri erano impressionanti, soprattutto se paragonati alle ultime stagioni, che si erano rivelate particolarmente scarse.
Un ricordo lontano
Il calore intenso di luglio e della prima metà di agosto ha però rapidamente sciolto la neve accumulata. La neve al di sotto dei 3000 metri è quasi completamente scomparsa, lasciando riserve solo alle altitudini più elevate, almeno 3500-3700 metri.
Un presagio che si è avverato
Questo scenario, sebbene inquietante, era previsto. Il periodo di ablazione estivo, caratterizzato da un forte scioglimento dei ghiacci, ha visto ben sei settimane di calore intenso con lo zero termico che ha superato i 4000 metri, raggiungendo punte di 5200! Questo ha ovviamente causato danni significativi.
Agosto e settembre potrebbero ulteriormente ridurre il manto nevoso, dato che non si prevedono grandi periodi freddi. La stagione di perdita continuerà per altre settimane, e il meteo alpino, considerato un ”hot spot climatico”, è particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico.
Attendiamo i dati a fine trimestre
I dati ufficiali saranno disponibili a fine estate, quando le autorità competenti analizzeranno le perdite nevose tra la prima e la seconda decade di settembre. Oltre i 3500 metri, si prevede che solo la neve resista, offrendo una possibilità di recupero per i ghiacciai, anche se la speranza è davvero vana.
Con un mese ancora di potenziali perdite, persiste l’incertezza e la preoccupazione per un meteo di quota in grave agonia. Nonostante le abbondanti nevicate primaverili, l’estate tende a distruggere gran parte del manto nevoso. Tuttavia, quest’anno sembra meno dannoso rispetto a anni disastrosi come il 2015 o il 2022, ma non è un grande sollievo, considerando il trend a livello regionale e mondiale.
La parte settentrionale della nostra penisola ha vissuto una primavera e una seconda metà dell’inverno contraddistinte da un meteo straordinariamente piovoso, che ha portato a notevoli precipitazioni nevose sulle Alpi. A metà del mese di giugno, gli strati di neve tra i 2500 e i 3000 metri erano impressionanti, soprattutto se paragonati alle ultime stagioni, che si erano rivelate particolarmente scarse.
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La parte settentrionale della nostra penisola ha vissuto una primavera e una seconda metà dell’inverno contraddistinte da un meteo straordinariamente piovoso, che ha portato a notevoli precipitazioni nevose sulle Alpi. A metà del mese di giugno, gli strati di neve tra i 2500 e i 3000 metri erano impressionanti, soprattutto se paragonati alle ultime stagioni, che si erano rivelate particolarmente scarse.
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