Recentemente, alcuni appassionati del blog del NOAA hanno sollevato dubbi sulla terminologia utilizzata nei post meteo, in particolare in merito all’uso dell’espressione “inversione del vortice polare”. Questa perplessità ha spinto il NOAA a rivedere l’uso di tale espressione, poiché potrebbe non rappresentare in modo preciso ciò che avviene nell’atmosfera. Di conseguenza, abbiamo deciso di evitare il termine e di spiegare in modo più chiaro cosa intendiamo.
La natura dell’inversione
Nelle precedenti pubblicazioni del NOAA, è stato spiegato che la potenza del vortice polare può essere calcolata osservando i venti occidentali che si manifestano nell’alta stratosfera polare durante l’inverno. Tecnicamente, ci si riferisce al vento zonale medio a 60 gradi di latitudine (sia Nord che Sud) e ad un’altitudine di 10 hPa. In media, questi venti soffiano da ovest (vento occidentale) durante l’inverno, creando una circolazione dominante che definisce il vortice polare.
La confusione sorge quando discutiamo di deviazioni da questo flusso standard. Quando il vento zonale a 60 gradi di latitudine si riduce a zero o addirittura si inverte, significa che la circolazione media nella zona occupata dal vortice polare non è più occidentale. A volte, questo vento può addirittura passare da occidentale a orientale, un fenomeno che abbiamo descritto come un'”inversione del vortice polare”.
Per gli specialisti del NOAA, quando il vento in quella regione si inverte, è stato finora chiamato “inversione del vortice polare”. Questo avviene in coincidenza con eventi di riscaldamento stratosferico improvviso (Sudden Stratospheric Warming), fenomeni meteo estremi che alterano la dinamica della stratosfera.
Non è propriamente un’inversione
Tuttavia, se si considera il vortice polare come una caratteristica dinamica dell’atmosfera, il termine “inversione del vortice polare” potrebbe essere fuorviante. Dinamicamente parlando, il vortice polare è una banda di forti venti che separa l’aria polare dall’aria delle medie latitudini. Questa fascia di venti non si trova sempre esattamente a 60 gradi di latitudine, ma può essere deformata, allungata o persino divisa in due.
Ad esempio, a seguito di una dislocazione del vortice polare a marzo 2024, i venti a 60 gradi Nord si sono invertiti, soffiando da est anziché da ovest. Questo potrebbe essere interpretato come una “inversione”, ma non significa che il vortice polare in sé abbia cambiato direzione. Infatti, dopo una perturbazione, i venti che circondano i frammenti del vortice continuano a soffiare nella stessa direzione di prima, ma questi frammenti risultano più localizzati e spostati rispetto alla posizione precedente.
Ambiguità nella terminologia
Il problema si riduce, dunque, al punto di vista. Se si pensa al vortice polare come alla circolazione media a 60 gradi di latitudine, parlare di “inversione” ha senso. Tuttavia, se si considera il vortice come una struttura dinamica, l’uso del termine “inversione” diventa ambiguo e fuorviante.
Quando la stratosfera viene disturbata, come accade spesso in inverno, la circolazione del vortice può frammentarsi, allontanarsi dal Polo o venire inglobata in altri fenomeni atmosferici. Tuttavia, i frammenti non smettono di ruotare nella stessa direzione di prima. Invece, una nuova circolazione può formarsi a 60 gradi di latitudine con venti orientali, ma non significa che il vortice originario abbia “inverso” la sua direzione di rotazione.
Per chiarire questa ambiguità, il NOAA ha dichiarato che smetterà di utilizzare l’espressione “inversione del vortice polare” e userà una terminologia più precisa: “inversione dei venti a 60 gradi”. Questo riflette meglio la realtà fisica del fenomeno, senza confondere il lettore con immagini fuorvianti di un vortice che “cambia direzione”.
Il termine “inversione del vortice polare” ha probabilmente superato il limite della semplificazione. Il NOAA si scusa per l’eventuale confusione creata in passato e intende procedere a correggere i vecchi articoli che contenevano tale espressione.