Le cosiddette “bombe d’acqua“, termine spesso utilizzato dai media per descrivere le intense precipitazioni improvvise, sono eventi meteo che possono riversare fino a 300 millimetri d’acqua in poche ore su ampie zone.
Ma cosa significa realmente avere 300 millimetri di pioggia? In termini pratici, stiamo parlando di 300 litri d’acqua per ogni metro quadrato, che è come se si versassero 200 bottiglie da un litro e mezzo su una bacinella di un metro di lato. Ora, immaginate questa quantità di acqua che cade su chilometri quadrati di territorio: un chilometro quadrato corrisponde a un milione di metri quadrati, e la quantità totale d’acqua scaricata diventa quasi inconcepibile.
Questi diluvi rappresentano una sfida notevole per le infrastrutture urbane, che sono state progettate per gestire quantità di pioggia minori, distribuite su periodi di tempo più lunghi. Quando un tale volume d’acqua si accumula in poche ore, i sistemi di drenaggio – come tombini e canali – spesso non riescono a gestire efficacemente il flusso, provocando inondazioni e seri problemi.
Un’altra questione che dobbiamo affrontare è l’aumento della frequenza di questi eventi estremi. Quello che una volta accadeva ogni secolo ora sembra verificarsi più volte in un arco di tempo molto più breve. In soli sedici mesi, eventi di intensità straordinaria si sono ripetuti in modo preoccupante, sconvolgendo tutte le previsioni statistiche basate sui modelli meteo tradizionali. Questo cambiamento richiede una riflessione seria: l’incremento della frequenza degli eventi estremi non è solo una sfida ingegneristica, ma una manifestazione concreta delle alterazioni meteo in corso. Prima di attribuire le conseguenze esclusivamente a infrastrutture inadeguate, è fondamentale chiedersi perché stiamo assistendo a un così marcato aumento di queste situazioni critiche.
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